Raccontare l’Italia: una diplomazia culturale a Oslo

I direttori dell’Istituto Italiano di Cultura di Oslo, 1952 – 2025

Premessa

Questo lavoro nasce da un’attenta ricerca condotta tra archivi e biblioteche, con l’intento di ricostruire in modo chiaro e ordinato la successione dei direttori dell’Istituto Italiano di Cultura di Oslo, dal 1952 fino a oggi, e di restituire attraverso di essa la storia della diplomazia culturale italiana in Norvegia.

Lungo oltre settant’anni di attività, l’Istituto ha rappresentato non solo un punto di riferimento per la diffusione della lingua e della cultura italiane, ma anche uno strumento fondamentale di diplomazia culturale, capace di creare ponti tra istituzioni, artisti, intellettuali e pubblico norvegese. La documentazione raccolta — basata su fonti ufficiali, archivi storici e testimonianze d’epoca — mira a offrire una panoramica completa e verificabile di questo percorso.

Con la denominazione “Direttori dell’Istituto Italiano di Cultura di Oslo” si intendono le persone elencate che, a vario titolo, hanno esercitato funzioni direttive, indipendentemente dalla qualifica formale o dal tipo di nomina ricevuta. Ove disponibile, la presentazione dei singoli profili è stata arricchita da una rassegna stampa norvegese relativa al periodo in cui ciascun direttore è stato in carica, accompagnata da traduzioni integrali o sintesi in lingua italiana dei principali articoli, per restituire anche attraverso la stampa locale l’immagine e l’impatto dell’attività culturale italiana in Norvegia.

Il progetto vuole essere non solo uno strumento di consultazione storica, ma anche un’occasione per mettere in luce come ciascun direttore abbia interpretato il proprio ruolo, lasciando un’impronta personale nel rapporto con il contesto norvegese. Dall’intraprendenza pionieristica di Giovanni (Vanni) Mafera negli anni Cinquanta, che gettò le basi dell’Istituto Italiano di Cultura di Oslo, alle fasi di consolidamento amministrativo e logistico di figure come Emilio Canu e Achille Ribechi, fino all’approccio attento e partecipativo di Silvana Quadri, desiderosa di ascoltare il pubblico norvegese per comprendere i suoi interessi e costruire un dialogo interculturale più equilibrato, i direttori hanno saputo coniugare i propri interessi e sensibilità con le esigenze di un pubblico curioso e attento.

Tra le personalità più originali spicca quella di Panagiotis Kiziridis, studioso di archeologia paleocristiana e rappresentante “ufficioso” della Chiesa ortodossa in Vaticano, figura cosmopolita e profondo interprete del dialogo tra culture e religioni. Legato da rapporti di amicizia a papa Giovanni XXIII e al patriarca Atenagora I, Kiziridis si definiva un “costruttore di ponti” tra Oriente e Occidente, richiamandosi al proprio nome dinastico, “di Pontos”: un riferimento sia alla storica regione bizantina del Mar Nero da cui proveniva la sua famiglia, sia al significato simbolico del termine pontos in greco, “ponte”. Come dichiarò sorridendo in un’intervista concessa al quotidiano Aftenposten il 27 dicembre 1977: «Il mio nome completo è Kiziridis di Pontos, e come Lei sa, Pontos significa ponte!». Profondo conoscitore della filosofia bizantina e appassionato studioso delle stavkirker norvegesi, promosse una visione universale della diplomazia culturale, fondata sull’idea che ogni cooperazione politica ed economica nasca da un primo contatto culturale. La sua visione e il suo profilo intellettuale emergono chiaramente da quella intervista–testimonianza pubblicata su Aftenposten (27 dicembre 1977), preziosa fonte per comprendere la sua missione culturale ed ecumenica nel contesto norvegese.

Sotto la direzione di Emilio Canu, inoltre, l’Istituto di Oslo fu il primo tra tutti gli Istituti Italiani di Cultura a dotarsi di un sito web: un progetto realizzato tra il 1996 e il 1997 in collaborazione con il giovane informatico Luca Passani, che rappresentò un’esperienza pionieristica per l’intera rete e segnò un importante passo verso la modernizzazione della diplomazia culturale italiana.

Alcuni direttori hanno privilegiato il cinema e le arti visive (come Lidia Ramogida, Luca Di Vito e Matteo Fazzi), altri hanno puntato sulla filosofia o sulla traduzione letteraria (come Giuseppe Galeotti, Mauro Santelli, Giuliano Compagno e Lidia Ramogida), altri ancora hanno posto la musica al centro della propria azione culturale, come Carlo Morozzo della Rocca, contribuendo a far conoscere in Norvegia il repertorio musicale italiano in chiave di scambio e dialogo con le tradizioni locali.

Un posto particolare spetta ad Augusto Traversa, filologo classico e docente di lingua e letteratura italiana all’Università di Oslo, la cui passione per le lingue antiche e moderne si intrecciava con un vivo interesse per il dialogo interculturale. Affascinato dalle peculiarità fonetiche del norvegese, che egli paragonava agli accenti musicali dell’antico greco, Traversa vedeva nello studio linguistico un ponte naturale tra culture. Durante il suo soggiorno a Oslo si dedicò con entusiasmo anche alle splendide collezioni di papiri greci conservate in città: antichi rotoli provenienti da tombe egizie, scritti in caratteri greci e in gran parte mai interpretati. Profondo conoscitore del greco, si cimentò nella decifrazione di frammenti che erano stati utilizzati come carta da imballaggio attorno a una mummia, restituendo alla luce testi inediti che raccontano episodi di vita quotidiana e amministrativa nell’Egitto ellenistico. Queste ricerche, oltre a rappresentare un contributo significativo agli studi papirologici, testimoniavano la sua capacità di coniugare diplomazia culturale e ricerca accademica. Il suo nome è inoltre strettamente legato a quello del professor Magnus Ulleland, titolare della cattedra di lingua italiana presso la stessa università, con il quale collaborò alla redazione del Dizionario Italiano–Norvegese, pubblicato da Gyldendal Norsk Forlag nell’agosto del 1959.

Nel corso dei decenni, la direzione dell’Istituto Italiano di Cultura di Oslo ha visto alternarsi personalità molto diverse: figure carismatiche e talvolta controverse, come Giovanni Gambella, e direttori più empatici e relazionali, come Matteo Fazzi e Raffaella Giampaola, capaci di costruire nuovi ponti di collaborazione.

Gambella, in particolare, fu protagonista alla fine degli anni Settanta di una vicenda che suscitò grande clamore in Norvegia. Il settimanale Se og Hør raccontò una controversia che lo vide al centro di forti contrasti: una lettera firmata da accademici e rappresentanti del mondo culturale norvegese ne chiedeva la rimozione, mentre molti connazionali gli espressero pubblicamente sostegno. L’ambasciatore Guido Simonetti liquidò il caso come un “conflitto di temperamenti”, parlando di un “divorzio all’italiana”. L’articolo di Se og Hør (“Kultur-skilsmisse på italiensk i Norge”, 10–23 novembre 1978) rimane una vivace testimonianza di quell’episodio.

Vicende come questa restituiscono l’immagine di un mosaico umano e professionale variegato: intellettuali, studiosi e organizzatori uniti dall’idea che la cultura sia un ponte di conoscenza e cooperazione. La storia dei direttori dell’Istituto è, in fondo, anche la storia del dialogo tra Italia e Norvegia, continuamente rinnovato da chi ha avuto il compito di rappresentare l’Italia in questo Paese nordico.

Un aspetto particolarmente significativo nella storia dei primi decenni dell’Istituto è l’ottimo rapporto instaurato con il Comitato della Dante Alighieri di Oslo, rifondato nel 1956 – dopo l’interruzione dovuta agli eventi bellici – con il nome di Amici dell’Italia – Comitato della Dante Alighieri di Oslo.

In quel periodo, come attestano gli articoli di stampa allegati alle schede dei direttori, la sinergia tra le due istituzioni raggiunse un livello particolarmente alto, costituendo un elemento chiave nella strategia di diffusione della cultura italiana in Norvegia. Un esempio significativo di tale impegno fu il contributo del direttore Carlo Morozzo della Rocca, che nel 1956 partecipò, insieme al prof. Jens Schive, alla fondazione del Comitato della Dante Alighieri di Stavanger, di cui Schive divenne poi presidente.

Negli anni successivi, il direttore Giuseppe Traversa consolidò ulteriormente i legami con la Dante di Oslo, entrando a far parte del Consiglio Direttivo del Comitato e tenendo numerose conferenze per i soci, in un clima di stretta sinergia e di condivisione degli obiettivi di promozione culturale. Questa collaborazione, fruttuosa e costante, testimoniava una visione comune: quella di un’Italia che si presenta alla Norvegia attraverso la lingua, la cultura e il dialogo tra istituzioni affini.
Con il passare del tempo, e in particolare nell’ultimo decennio, tale sinergia ha lasciato spazio a una più chiara distinzione di ruoli e a una maggiore autonomia operativa, riflesso dell’evoluzione naturale delle rispettive missioni. Nonostante ciò, continua a persistere un solido spirito di cooperazione e un comune impegno nel promuovere la cultura italiana e il dialogo tra Italia e Norvegia.

L’auspicio è che questo lavoro possa diventare non solo uno strumento di memoria e consultazione, ma anche un punto di partenza per nuove ricerche e riflessioni sul ruolo che l’Istituto Italiano di Cultura di Oslo ha avuto – e continua ad avere – nel dialogo culturale tra Italia e Norvegia.

Se vuoi accedere al documento che illustra finalità e obiettivi della ricerca, clicca direttamente sul link “scheda informativa”: scheda informativa.

Oslo, ottobre 2025
Sergio Scapin, direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Oslo dal 2007 al 2012

PS: La ricerca è in costante evoluzione: si consiglia quindi di consultare periodicamente questa pagina per restare aggiornati sui futuri sviluppi e sull’ampliamento dei contenuti disponibili.

La lunga e intricata storia della sede dell’Istituto Italiano di Cultura di Oslo
Dalle origini negli anni Cinquanta alla sistemazione in Oscarsgate 56

La storia della sede dell’Istituto Italiano di Cultura di Oslo è contrassegnata da tappe significative e da peculiarità che testimoniano l’evoluzione della presenza culturale italiana in Norvegia. L’Istituto è stato ufficialmente fondato nel 1962, come riportato da Franco Foschi nel volume Sugli Istituti Italiani di Cultura all’estero (Vallecchi Editore, Firenze, 1980). La notizia trova conferma anche in un articolo del quotidiano norvegese Morgenbladet, pubblicato il 22 ottobre 1963, quando l’Istituto era diretto da Giovanni Gonnet (in carica dal 1961 al 1969).

Prima della seconda guerra mondiale il Governo italiano provvedeva regolarmente a nominare lettori di lingua e letteratura italiana presso l’Università di Oslo, garantendo così una continuità nell’insegnamento e nella diffusione della nostra cultura. Nel dopoguerra, tuttavia, questa tradizione conobbe una sospensione che si protrasse per alcuni anni. Fu soltanto nel 1952, grazie all’interessamento dell’Ambasciatore d’Italia, Carlo Alberto de Vera d’Aragona d’Alvito, che si tornò a colmare quel vuoto con la nomina di Giovanni Mafera a lettore presso l’ateneo norvegese.

La figura del lettore, in quegli anni, andava ben oltre la semplice attività didattica. Accanto all’insegnamento della lingua e della letteratura italiana, i lettori erano infatti chiamati a promuovere la cultura italiana in senso ampio, organizzando conferenze, eventi e rassegne, e collaborando con l’Ambasciata per favorire il dialogo con il mondo intellettuale norvegese. In questo senso, le loro funzioni anticipavano in parte quelle che oggi caratterizzano la direzione di un Istituto Italiano di Cultura: coordinare e rappresentare l’Italia sul piano culturale, costruire relazioni con le istituzioni locali, dare visibilità alla produzione artistica e letteraria italiana e contribuire alla diffusione della nostra lingua all’estero.

Un passaggio di particolare rilievo fu l’accordo culturale tra Italia e Norvegia, firmato a Oslo il 14 giugno 1955 e ratificato a Roma il 28 dicembre 1956, che prevedeva l’istituzione di un Istituto Norvegese di Cultura a Roma e di un Istituto Italiano di Cultura a Oslo.

In questo contesto, Giovanni (Vanni) Mafera, che si trovava a Oslo dal 1951 grazie a una borsa di studio concessagli dallo Stato norvegese, fu nominato dal Governo Italiano lettore di lingua e letteratura italiana presso l’Università di Oslo nel semestre autunnale del 1952. A Mafera furono attribuite, per la prima volta in Norvegia, funzioni che comprendevano anche compiti di rappresentanza culturale e di promozione esterna. L’incarico si concluse nel maggio 1954, allorché Mafera assunse la direzione dell’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen.

Nei suoi primi anni di vita l’Istituto non ebbe spazi propri e trovò ospitalità all’interno dell’Ambasciata d’Italia. Solo nel gennaio del 1970 riuscì ad avere una sede autonoma: un piccolo appartamento in affitto in Meltersgate 5, al primo piano di un elegante edificio che al pianterreno ospitava l’Ambasciata di Israele. Lo spazio era modesto, composto da sole quattro stanze: una reception, l’ufficio del Direttore, un’aula che fungeva anche da biblioteca e una saletta riservata a riviste e giornali. La nuova collocazione fu menzionata anche dal quotidiano Aftenposten il 1° giugno 1971, quando alla guida dell’Istituto Italiano di Cultura vi era il professor Giuseppe Galeotti. Pochi anni più tardi, nei locali del pianterreno, l’Ambasciata cilena prese il posto di quella israeliana, segnando un nuovo capitolo nella storia di quell’edificio.

All’inizio degli anni Ottanta l’Istituto trovò una nuova sede in una palazzina di Tidemandsgate 5, nel quartiere elegante di Frogner, sotto la direzione del dott. Mauro Santelli. L’edificio, di proprietà dell’Agip (oggi ENI Norge), si sviluppava su tre piani: al pianterreno si svolgevano le attività dell’Istituto, il primo piano veniva dato in affitto e al secondo piano risiedeva il direttore dell’Agip.

Il quadro cambiò bruscamente nel 1992, quando le inchieste di Mani Pulite, avviate a Milano all’inizio di quell’anno, portarono a un ricambio ai vertici dell’ENI. La nuova amministrazione decise di dismettere le proprietà considerate non essenziali, e la palazzina di Tidemandsgate fu messa in vendita. L’Istituto Italiano di Cultura si ritrovò così improvvisamente senza sede e dovette trasferirsi temporaneamente presso la Scuola d’Italiano di Silvano Roi, in Bygdøy Allé. In quegli anni l’Istituto era diretto dal dott. Emilio Canu (1992–1999).

Pur condividendo per un periodo gli stessi locali, l’Istituto Italiano di Cultura e la Scuola d’Italiano rimasero realtà distinte e autonome.

Finalmente, nel maggio 1994, l’Istituto trovò una sede stabile in Oscarsgate 56, dove tuttora svolge le proprie attività e rappresenta un punto di riferimento riconosciuto per la cultura italiana in Norvegia.

Tabella dei direttori dal 1955 al 2025 con link ai profili
Nome Dal Al
Raffaella Giampaola 2021
Matteo Fazzi 2017 2021
Luca Di Vito 2013 2016
Sergio Scapin 2007 2012
Alberta Lai (interim) 2007 2007
Lidia Ramogida 2002 2006
Giuliano Compagno 1999 2002
Carlo Chiesa (interim) 1999 1999
Emilio Canu 1992 1999
Giovanna Maria Zanin 1991 1992
Giorgio Colombo 1988 1991
Silvana Quadri 1984 1988
Mauro Santelli 1981 1984
Achille Ribechi 1978 1980
Panagiotis Kizeridis (interim) 1978 1978
Giovanni Gambella 1975 1978
Carlo Predome 1974 1975
Giuseppe Galeotti 1970 1973
Giovanni Gonnet 1961 1969
Augusto Traversa 1956 1959
Carlo Morozzo Della Rocca 1954 1956
Giovanni (Vanni) Mafera 1952 1954
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