Giovanni (Vanni) Mafera

Giovanni Mafera

Giovanni (Vanni) Mafera (1920–2008)

Giovanni Mafera, per tutti Vanni, nasce a Treviso nel 1920. Dopo gli studi universitari culminati con la laurea in Lettere e Filosofia alla Scuola Normale Superiore di Pisa nel 1942, sotto la guida di Clemente Merlo, intraprende un percorso che lo porterà a diventare una figura di spicco nel panorama culturale italiano ed europeo.

La sua carriera si svolge quasi interamente all’estero. Vincitore del concorso per addetto culturale d’ambasciata, a partire dagli anni Cinquanta lavora come insegnante universitario e come direttore degli Istituti Italiani di Cultura in diverse capitali: Oslo (dal 1955 al 1958, primo direttore dell’IIC norvegese), Copenaghen, Beirut, Belgrado, Lussemburgo e Amburgo. Proprio la lunga esperienza danese gli consentirà di realizzare, insieme a Knud Andersen, un importante dizionario italiano-danese e danese-italiano, ancora oggi un’opera di riferimento.

Il suo impegno professionale si accompagna a una forte passione civile e politica. Negli anni prende parte al Partito Radicale, alla Lega per il disarmo in Italia, alla Lega antivivisezione e al WWF di Treviso, distinguendosi come voce attenta alle tematiche ambientali e sociali.

Alla fine della carriera diplomatica e accademica rientra nella sua città natale, dove insegna al liceo Da Vinci di Treviso fino agli anni Ottanta. Continua parallelamente l’attività di studioso e scrittore, dedicandosi in particolare alla linguistica e alla dialettologia veneta.

Tra le sue opere ricordiamo:

La sua esperienza in Norvegia merita una menzione particolare. Con la firma dell’accordo culturale del 15 giugno 1955 tra Italia e Norvegia, Mafera avvia l’attività dell’Istituto Italiano di Cultura di Oslo, organizzando mostre – come quella dedicata all’arte e alla civiltà etrusca – e promuovendo i primi lettorati di lingua italiana. In quel periodo furono inaugurati due lettorati di italiano e istituito uno scambio di tre borse di studio annuali. Tuttavia, con Paesi così distanti e mezzi tanto modesti, non era semplice superare un livello di relazioni ancora “assai superficiale”: i “sentimenti norvegesi verso [l’]Italia” – come segnalava un telegramma dell’ambasciata di Oslo nel 1961, in occasione di una visita ufficiale – “son tuttora improntati a quel generale sentimentale attaccamento dei nordici pel paese del sole piuttosto che ad una effettiva reciproca conoscenza” (Andrea Spanu, Il rilancio culturale dell’Italia nel mondo dopo la seconda guerra mondiale: la reinvenzione di un’immagine (1945-1960), Università di Pisa). Nonostante queste difficoltà legate alle distanze e ai limitati mezzi, il lavoro di Mafera gettò le basi di una collaborazione che si sarebbe consolidata negli anni successivi.

Vanni Mafera muore a Treviso il 16 novembre 2008, lasciando un’eredità fatta di libri, idee e un’instancabile impegno nel diffondere la cultura italiana e nel promuovere valori di pace, solidarietà e rispetto per l’ambiente.

Per approfondire: Fondo Vanni Mafera – Fondazione Benetton Studi Ricerche