Mauro Santelli

Foto di Mauro Santelli

Mauro Santelli è stato direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Oslo dal 1981 all’agosto 1984.
Prima di assumere questo incarico in Norvegia, ha maturato una significativa esperienza accademica all’estero: dal 1965/66 al 1970/71 è stato lettore di lingua italiana presso l’Università di Szeged (Ungheria), nell’ambito del nuovo accordo culturale tra Italia e Ungheria che prevedeva l’invio di due lettori italiani, uno a Budapest e uno a Szeged.
Durante la sua permanenza, i corsi da lui proposti riflettevano i suoi interessi e la sua formazione, contribuendo in modo determinante allo sviluppo degli studi di italianistica in Ungheria negli anni Sessanta.
Fu seguito in quell’incarico da Danilo Gheno (dal 1972), chiamato poi nel 1975 a coprire l’incarico di filologia ugrofinnica nell’Università di Firenze, e successivamente da Ezio Bernardelli (dal 1975/76).

Mauro Santelli

Un direttore “pioniere” della letteratura italiana in Norvegia (1981–1984)

Quando nel 1981 Mauro Santelli giunse a Oslo, l’Istituto Italiano di Cultura viveva una fase di transizione. Per alcuni mesi condivise la sede con il direttore uscente Achille Ribechi, del quale fu collaboratore come addetto culturale, assumendo ufficialmente la direzione dopo la sua partenza. Quel passaggio di consegne segnò l’inizio di un triennio intenso, durante il quale Santelli si distinse per l’impegno nel promuovere la letteratura italiana contemporanea e nel rafforzare i legami culturali tra Italia e Norvegia.

La sua formazione accademica e l’esperienza maturata in Ungheria, dove tra il 1965 e il 1971 era stato lettore di lingua italiana all’Università di Szeged, gli avevano fornito una solida base umanistica e un’approfondita conoscenza dei processi di diffusione culturale all’estero. Ma a Oslo si trovò di fronte a un contesto completamente diverso: un Paese nordico fortemente orientato verso la cultura anglosassone, dove la narrativa italiana era poco conosciuta e raramente tradotta.

In un’intervista al Dagbladet del marzo 1981, Santelli espresse con chiarezza il senso della sua missione: «Il modo migliore per conoscere la cultura di un paese straniero è leggere la sua letteratura. La letteratura dice più di quanto possano fare le arti visive, il cinema o qualsiasi altra forma artistica.»
Denunciò la scarsità di traduzioni dall’italiano in norvegese e invitò gli editori locali a superare la consuetudine di affidarsi alle versioni inglesi dei testi italiani: per lui, “o si legge nella lingua originale o nella propria lingua madre”.
Da questa convinzione nacque un progetto culturale articolato, che univa attività accademica, divulgazione e dialogo editoriale. Accanto ai corsi di letteratura italiana contemporanea tenuti all’Università di Oslo (Blindern), organizzò presso l’Istituto una serie di conferenze in lingua italiana, dedicate agli sviluppi più recenti della narrativa del suo tempo. Parallelamente, instaurò contatti con le case editrici norvegesi, cercando di suscitare interesse per gli autori italiani moderni.

Il suo impegno ebbe un primo successo concreto con la pubblicazione, da parte di Gyldendal, del romanzo di Salvatore Satta, Il giorno del giudizio (Dommens dag), considerato da Santelli un segnale incoraggiante di apertura verso la narrativa italiana.

Appassionato di letteratura contemporanea, Santelli segnalava agli interlocutori norvegesi scrittori come Guido Morselli, Nino Carlino, Italo Alighiero Chiusano e Giuseppe Pederiali, riconoscendo in essi una varietà di stili e temi che riflettevano la complessità dell’Italia del tempo. Colse anche con acutezza il ritorno al romanzo storico — da Il nome della rosa di Umberto Eco a L’ordalia di Chiusano — come reazione alla violenza e alla tensione politica che avevano attraversato gli anni Settanta, una forma di “distanza narrativa” che permetteva di guardare la realtà con maggiore lucidità.

Con il suo entusiasmo e la sua costanza, Santelli definì il proprio lavoro una “opera pionieristica”: un tentativo di rompere il ghiaccio nel panorama editoriale norvegese, introducendo voci italiane nuove e offrendo un’immagine dell’Italia più complessa di quella stereotipata o turistica.
Per lui, diffondere la letteratura non era solo una funzione culturale, ma un atto di mediazione umana: significava avvicinare mentalità diverse e costruire curiosità reciproca tra Nord e Sud d’Europa.

Allo stesso tempo, il periodo norvegese ebbe per Santelli un forte valore personale. Già prima di arrivare a Oslo era affascinato dalla Norvegia, che aveva conosciuto attraverso i suoi scrittori e le immagini della natura artica. Durante il suo soggiorno, volle finalmente scoprire quel paesaggio con i propri occhi, percorrendo la costa lungo la celebre rotta dell’Hurtigruten: un viaggio che descriveva come un’esperienza di “silenzio e luce”, un modo per comprendere più a fondo l’anima del Paese in cui operava.

Quando nel 1984 concluse il suo mandato, lasciò un Istituto più dinamico e più attento alla dimensione letteraria della diplomazia culturale.
Figura discreta ma tenace, Mauro Santelli interpretò con discrezione e intelligenza il ruolo del direttore come quello di un mediatore tra mondi linguistici e sensibilità diverse — non un semplice promotore dell’Italia all’estero, ma un interprete delle sue parole nel contesto del Nord europeo.

Foto di gruppo con Mauro Santelli davanti alla sede dell'Istituto Italiano di Cultura di Oslo
Foto di gruppo con Mauro Santelli davanti alla sede dell'Istituto Italiano di Cultura di Oslo a Tidemands gate n. 5 - 4 giugno 1984